Oltre agli accrediti ora c’è da fare attenzione anche ai prelievi effettuati: perché e verso chi scattano i controlli del Fisco
Oggi in tantissimi usano i pagamenti elettronici evitando quasi del tutto l’uso dei contanti. Molti altri, invece, sono legati ancora alla vecchia maniera e dunque preferiscono avere nel portafogli i contanti prelevando direttamente dal bancomat quanto serve.
E tu come gestisci la cosa? Quanti prelievi fai al bancomat? Ti conviene non esagerare perché potresti essere inserito nella lista di chi è soggetto a controlli. Vediamo perché e cosa avviene in questi casi.
Lo Stato per mezzo dell’Agenzia delle Entrate sta cercando in tutti i modi di mettere al bando i redditi nascosti. Motivo questo che sta spingendo il Fisco ad effettuare controlli a tappeto sui conti correnti, anche di nullatenenti e disoccupati, anche con metodologie nuove, mai prima d’ora usate.
Le indagini sui conti bancari rappresentano un’arma molto potente che lo Stato ha tra le mani per combattere l’evasione fiscale e che spaventa molto chi non è in regola. Il Fisco, infatti, può passare al setaccio i conti correnti bancari esaminando non solo saldo e movimenti ma anche i rapporti finanziari dei contribuenti.
Oltre agli accrediti, però, possono finire nella lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle Entrate anche i prelievi che vengono effettuati dal bancomat, in alcuni casi indizi di ricavi che potrebbero essere fatti in nero.
Se fino ad ora il focus è stato sugli accrediti di bonifici, assegni o contanti che arrivano sui conti correnti dei contribuenti senza le opportune giustificazioni, con precisazioni su origine e natura, non c’è da sottovalutare anche i prelievi che vengono effettuati.
Se, infatti, gli accrediti sospetti vengono considerati in modo automatico come ricavi e proventi non dichiarati e dunque tassabili, dal Fisco, con relative sanzioni, anche i prelievi frequenti possono essere considerati come sospetti.
I prelievi effettuati senza una giustificazione, infatti, possono essere considerati come delle somme che sono fuori dal bilancio e dunque legati ad uscite non chiare ed occulte. Ogni prelievo in contanti potrebbe essere usato, dunque, per un pagamento in nero, oltre la legalità.
Ma per chi vale questa logica? Solo per gli imprenditori e per i titolari di un’attività commerciale. Cittadini e liberi professionisti non rientrano in questa linea di azione e di ragionamento. Il presupposto che vi è alla base è, infatti, quello che chi produce o commercializza dei beni e dei servizi deve sostenere delle spese che devono essere contabilizzate e tracciabili.
Un prelievo in contanti che non viene giustificato lascia pensare a spese non contabilizzate e che sono rimaste fuori dallo svolgimento legale dell’attività e dunque merita di essere attenzionato.
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