Se vai in giro con gessetto e colla, cosa rischi: la Cassazione fa chiarezza su quello che è accaduto

Un recente evento ha suscitato moltissimo stupore: la Corte di Cassazione si è espressa su quanto avvenuto per fare chiarezza.

Una ragazza minorenne, una visita al museo, due gessetti colorati, un piccolo adesivo, qualche foglio e un cartoncino. Nient’altro. Nessun gesto compiuto, nessuna parola pronunciata, nessuna scritta tracciata.

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Se vai in giro con gessetto e colla, cosa rischi: la Cassazione fa chiarezza su quello che è accaduto – giustizia.lazio.it

Eppure è bastato tutto questo per far scattare una perquisizione in piena regola, con tanto di sequestro del materiale e dei dispositivi elettronici. Coinvolti ben 22 agenti. Ecco cos’è successo.

Ragazzina bloccata in un museo, tutto il materiale sequestrato: ma lei non aveva fatto niente

Tutto nasce dal fatto che la giovane, simpatizzante del movimento “Ultima Generazione”, si trovava all’interno di un museo in compagnia di due attiviste.

E questo, secondo chi ha proceduto, bastava a ipotizzare un tentato imbrattamento di beni culturali.

codice civile e penale con martelletto da giudice
Ragazzina bloccata in un museo, tutto il materiale sequestrato: ma lei non aveva fatto niente – giustizia.lazio.it

Un’ipotesi che ha portato al sequestro dei beni della giovane, tra cui lo smartphone, il tablet, i quaderni e l’accesso allo SPID, ostacolando di fatto anche le sue attività scolastiche.

Solo con gessetti e colla si può ipotizzare un reato?

La domanda che sorge spontanea è: davvero colla e gessetti possono essere visti come strumenti di un reato? La difesa della giovane ha insistito su un punto tanto semplice quanto fondamentale: se quegli oggetti fossero stati trovati nello zaino di un insegnante o di un turista, nessuno avrebbe parlato di reato. E la Cassazione ha sposato questa linea.

Secondo i giudici, ciò che conta non è il contesto politico o le simpatie della persona fermata, ma i fatti. E in questo caso non c’era alcuna azione in corso, né era stata annunciata. I materiali ritrovati non avevano un uso chiaramente “danneggiante”, ma potevano benissimo servire a uno scopo dimostrativo pacifico, come un sit-in o un volantinaggio.

La sentenza della Corte di Cassazione

Nella sentenza, la Corte fa un confronto eloquente: avere con sé un’arma e un passamontagna all’ingresso di una banca può far pensare a una rapina. Ma possedere un foglio con su scritto “intervento” e due gessetti all’ingresso di un museo non basta a parlare di tentato imbrattamento.

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La sentenza della Corte di Cassazione – giustizia.lazio.it

In pratica, per parlare di reato bisogna che ci sia un comportamento che vada oltre la semplice intenzione. Non bastano strumenti potenzialmente idonei se non vengono accompagnati da un’azione concreta.

E soprattutto, deve esserci proporzione tra l’ipotesi di reato e le misure adottate. Ben 22 agenti, un sequestro su larga scala e la limitazione di strumenti fondamentali per lo studio sembrano decisamente fuori misura.

C’è anche un altro elemento che i giudici hanno voluto chiarire: le spese processuali. Nei procedimenti che coinvolgono minori, queste non devono ricadere sull’imputato, nemmeno in caso di condanna.

In questo caso, la ragazza non solo è stata sottoposta ad un sequestro che ha inciso sulla sua vita quotidiana, ma si è vista attribuire anche le spese del procedimento. Una decisione che – giustamente – è stata annullata.

Alla fine, la Corte di Cassazione ha deciso di annullare tutto: sequestro, perquisizione e spese. Nessun reato, nessun tentativo, nessun fondamento concreto. Solo una ragazza, pochi oggetti comuni e un’ipotesi interpretata con troppa fretta.

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